Sala Consilina

Proprio nel nucleo altomedievale dell’abitato, in corrispondenza dello spazio dell’attuale Piazza Santa Maria, nel quartiere “Civita”, sorgeva una chiesa con omonima intitolazione. Una tradizione locale assegna a questa fondazione enorme importanza identificandola con la chiesa che custodiva l’archivio comunale e nei pressi della quale si riunivano le assemblee municipali. La stessa tradizione assegna a questa chiesa l’appellativo “la Grande” o anche quello de’ “la Greca”. Alcuni toponimi e agiotoponimi sopravvissuti o attestati da documentazione scritta, concentrati soprattutto nel settore sud-orientale della fascia pedemontana, come Bisanti, Santa Venere, Santa Sofia, Sant’Elia, Sant’Agàta, concorrono a rafforzare l’ipotesi di una significativa presenza italo-greca anche in questa parte del Vallo di Diano. Nel solco della tradizione bizantina si pone il frammento di affresco emerso durante i lavori di restauro della facciata esterna della chiesa di Santo Stefano, a sinistra del portale d’accesso alla navata centrale. Questa fondazione, ubicata lungo i limiti settentrionali del centro storico, è stata sempre ritenuta di origini normanne ma questo non esclude certo la persistenza, ancora in quest’epoca di una forte componente italo-greca tra la popolazione locale. Le pergamene di Pertosa o gli affreschi di San Nicola delle Donna a Padula confermano proprio la lunga durata degli esiti prodotti, soprattutto sul piano culturale, dalla migrazione italo-greca in queste terre. Il frammento di affresco di Sala Consilina raffigura il volto dell’apostolo Andrea ed è stato datato dagli esperti alla fine del X sec. Forti analogie si riscontrano tra questa rappresentazione ed alcuni dipinti coevi dell’Oriente bizantino (Grecia, Cappadocia e Macedonia), come pure accostamenti possono essere istituiti con gli affreschi della più vicina cappella di San Filadelfo di Pattano, con quelli dell’oratorio annesso al battistero di San Giovanni in Fonte, a Padula, o ancora con i resti della decorazione pittorica dell’oratorio di San Giovanni, a Vietri di Potenza. L’attuale comparsa su di una facciata esterna lascia presumere che il frammento doveva far parte di una composizione più ampia, originariamente ubicata all’interno di un volume preesistente alla fase di età normanna cui è riconducibile l’attuale intitolazione a Santo Stefano.  Queste evidenze potrebbero rimandare alle dinamiche altomedievali dell’insediamento, all’estensione, in questa parte del Vallo di Diano, di un vasto patrimonio fondiario con a capo la residenza del dominus longobardo, la “sala” appunto che ha dato nome all’abitato odierno, e al coinvolgimento di comunità italo- greche nel processo di valorizzazione e sviluppo delle rendite fondiarie signorili.