Teggiano
Uno dei culti bizantini di cui rimane traccia significativa nella Valle attraversata dal Tanagro e in tutto il Cilento, è quello di Santa Venere o Santa Veneranda, una martire paleocristiana vissuta nel II sec. la cui agiografia presenta molti punti di incertezza. A questa santa è dedicato un intero ciclo pittorico nel succorpo della chiesa di Sant’Angelo a Teggiano. Sempre questo borgo ha restituito una testimonianza ancora più significativa della diffusione della cultura italo-greca in queesto contesto. Si tratta del ritrovamento nell’Archivio privato della famiglia Carrano, di due fogli appartenuti ad un codice membranaceo, databile tra la fine del X e la prima metà dell’XI sec., che in origine costituiva un Meneo, un testo liturgico contenente, per ogni giorno, l’officiatura dedicata ai santi del calendario bizantino. Questi testi erano suddivisi in dodici volumi, uno per ogni mese dell’anno, e i frammenti scoperti nel Vallo si riferiscono al mese di agosto, in particolare ai giorni in cui si commemoravano i santi Taddeo, Agatonico, Pemen e Mosè l’Etiope. Secondo alcune ipotesi il codice poteva appartenere alla chiesa di San Nicola dei Greci, divenuta cappella privata della famiglia Carrano. Caduta in disuso la pratica del rito greco, il codice sarebbe stato smembrato e i suoi fogli di pergamena, più rigidi e resistenti della carta, vennero riutilizzati per rilegare altri manoscritti, secondo una pratica molto diffusa in tutto il Mezzogiorno. La scrittura di questi frammenti trova stringenti confronti in ambito calabrese e più precisamente nella Calabria settentrionale, con manoscritti un tempo conservati nel monastero di Carbone e redatti a Rossano, datati tra la fine del X e gli inizi del secolo successivo.