GLI SCENARI
Dalle Pendici del’Etna alla Germania
I santi monaci Vitale da Castronuovo, Luca di Demenna, Cristoforo e i suoi figli, Saba e Macario, provenivano tutti dalla Sicilia orientale, dal Val Demone, l’ultima parte dell’isola ad arrendersi al dominio musulmano. Lo svolgimento delle loro esistenze si colloca nell’arco del X sec. Tutti avevano vestito l’abito monastico alle pendici dell’Etna, presso San Filippo d’Agira, l’importante monastero fondato nel cuore dell’isola, forse già nel VII sec., e dedicato ad un santo taumaturgo di origini siriane. Di Cassano era, invece, l’abate Gregorio, monaco calabrese fondatore del monastero di Burtscheid, e calabresi erano anche Elia lo Speleota, Elia detto il Giovane, Fantino e Nilo da Rossano, morto a Tuscolo nel 1004, fondatore di quella che ancora oggi è la più importante abbazia greca d’Italia, il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata.
Il Mercurion e il Latinianon
Sin dalla riconquista bizantina dell’Italia meridionale, avvenuta alla fine del IX sec., la vasta area compresa tra il fiume Sinni ad Est, il lagonegrese e l’alta provincia di Cosenza a Sud-Ovest, divenne la frontiera tra il Principato longobardo di Salerno e i domini dell’Impero d’Oriente.
Questa fu la principale meta di stanziamento per le comunità in fuga dalla Sicilia e dalla Calabria meridionale. Ma questo stesso territorio era già stato da molto tempo interessato da una significativa diffusione del monachesimo greco. Le fonti agiografiche individuano questi territori attribuendo loro le denominazioni di Merkurion e Latininianon.
Il Merkurion e il Latinianon sono costantemente menzionati nelle Vite dei santi monaci calabro-siculi. Qui perfezionano la loro formazione spirituale diventando discepoli di figure carismatiche, come accadrà a Nilo di Rossano attratto nel Merkurion dalla fama di santità goduta dal beato Fantino, abate di un famoso monastero. Ma da questi stessi territori sono spesso costretti a fuggire a causa delle continue incursioni saracene, e a spingersi più a Nord, fino ad oltrepassare la frontiera bizantina per arrivare nelle terre longobarde. È quanto accade a Luca di Demenna o a Vitale da Castronuovo, a Saba e a suo fratello Macario, a Gregorio da Cassano e allo stesso Nilo, obbligato a prendere l’abito monastico nel monastero di S. Nazario nel Cilento.
Il monastero di Carbone
Il monastero di S. Elia e S. Anastasio di Carbone, fondato alla fine del X sec. sulle sponde del fiume Serrapotamo, affluente del Sinni, ha restituito documentazione molto utile per ricostruire la genesi delle numerose realtà monastiche del Latinianon. Si tratta in prevalenza di documenti relativi alla vita delle sue dipendenze: un mondo fatto di piccoli cenobi, fondati spesso dai proprietari dei terreni su cui sono costruiti, vocati all’agricoltura e strettamente legati alle famiglie dei proprietari che, generalmente, impongono loro consanguinei alla carica di igumeno per più generazioni.
Lo stesso monastero di Carbone risponde a questo modello almeno agli inizi della sua storia. Il suo fondatore, Luca Karbounes, era un discepolo di Saba da Collesano, aveva preso l’abito monastico nel monastero di San Lorenzo sul Sinni e verosimilmente aveva fondato, su un terreno di sua proprietà, il monastero, considerato che il toponimo prende origine proprio dal suo nome. Suoi successori furono Biagio e Mena, quest’ultimo fatto prigioniero dai Saraceni. A Mena successe un parente, Teofanio.
Carbone subì gravi danni nelle prime fasi della conquista normanna, ma dalla seconda metà dell’XI sec., quando alla sua guida era l’abate Luca II, assistette ad un progressivo accrescimento del suo patrimonio, godendo della generosità dei signori locali che gli destinarono diverse donazioni. Nel 1168 Guglielmo, re di Sicilia, sottomise all’igumeno di Carbone, cui venne conferito il titolo di archimandrita, tutte le fondazioni greche della Lucania, estendendo la sua autorità fino al corso del fiume Sele, limite settentrionale della sua giurisdizione.
Lucania Monastica
Dopo aver compiuto un periodo di 20 anni nell’obbedienza … Fantino abbracciò la vita eremitica e contemplativa, detto addio al mondo e a ciò che al mondo appartiene, senza esitare, con l’unico saio e il mantello che indossava, uscì dal monastero e si diresse verso i monti della Lucania, che allora erano al di fuori di ogni frequentazione e abitazione umana
dalla Vita di s. Fantino il Giovane
La Lucania costituiva, insieme al Bruzio, la terza delle regioni italiche istituite dall’imperatore Augusto nel I sec. d.C. In età imperiale questo distretto amministrativo copriva la vasta area compresa tra il basso corso del Sele a nord, il Bradano ad est e il corso del Mercure-Lao a sud.
Nei secoli altomedievali gran parte dei suoi territori furono interessati dalla linea di confine che divideva i territori bizantini da quelli dei Longobardi di Salerno. Tra il IX e l’XI sec. la denominazione Lucania ha indicato l’estensione di un gastaldato, ovvero un distretto amministrativo afferente al Principato longobardo di Salerno. In seguito ha designato, fino a tutta la dominazione longobarda, le terre demaniali del principe di Salerno.
L’ambiente naturale di questa regione appare consono all’ideale monastico del monachesimo italo-greco. Un paesaggio inospitale e selvaggio, “completamente spopolato”, come lo descrive la Vita di s. Fantino, che però essi stessi contribuiscono presto a trasformare, costruendo chiese o restaurando quelle abbandonate, fondando monasteri, dissodando terreni incolti, guarendo malati, distribuendo cibo alle popolazioni affamate dalle carestie e dalle continue incursioni saracene, garantendo loro perfino la difesa armata.
Emblematica la vicenda di Luca di Armento. Prima ricostruttore di chiese sulle rive dell’Agri, dove la sua presenza provocherà la reazione violenta di Landolfo, locale signore longobardo; poi fondatore del monastero di Armento che provvederà a dotare di una cinta muraria per offrire rifugio alla popolazione dalla minaccia saracena.
Altrettanto energiche le esperienze di Vitale da Castronuovo, di Saba e Macario. Anche loro instancabili fondatori di monasteri, santi taumaturghi, punti di riferimento per gli abitanti delle campagne, oltre che abili diplomatici e mediatori al servizio di principi longobardi.
Nel raccontare le imprese di questi personaggi, i testi agiografici descrivono anche condizioni in cui si trovano le realtà entrate in contatto con loro, mettendo in risalto parallelamente l’azione svolta dal monachesimo italo-greco nello sviluppo dei contesti rurali posti lungo la linea di confine che divideva i domini bizantini dalle terre longobarde.
Gli insediamenti monastici storicamente attestati nella Lucania Longobarda
Una mappa della dislocazione dei monasteri bizantini nella Lucania longobarda è in grado di descrivere solo parzialmente la portata del flusso migratorio che, a partire dalla fine del X sec., diffuse la presenza di monaci e comunità italo-greche in questa regione. Appare evidente dalla distribuzione nel territorio dei siti individuati facendo ricorso alle fonti scritte o semplicemente registrando i relitti toponomastici e gli agiotoponimi, quanto il fenomeno sia stato diffuso e quanto il suo sviluppo possa aver inciso sulle dinamiche del popolamento e sugli assetti territoriali di un intero comparto regionale. In prevalenza la documentazione scritta può contare su un numero significativo di testimonianze soltanto a partire da un’epoca posteriore alla conquista normanna, quando la maggior parte di questi cenobi attraversava una fase ormai matura della sua vicenda storica.
Tra XI e XII sec. solo pochi avevano conservato la loro indipendenza; nella maggioranza dei casi erano stati inglobati nei patrimoni di enti più grandi, in prevalenza appartenenti all’Ordine benedettino. Questo processo di assimilazione fu una diretta conseguenza della politica religiosa promossa dai signori normanni, orientati a favorire, per ovvie opportunità di prestigio e allargamento della base del consenso, le autorità dei presuli e le realtà monastiche più ricche e potenti del Mezzogiorno, qualunque fosse l’Ordine di appartenenza.
L’Ultima dimora di S. Nilo
L’ultima dimora di San Nilo